Fitoterapia e prevenzione

Dr. Nerio Nesladek

Malattie cardiovascolari


Dr. Nerio Nesladek

Introduzione


Come noto, la malattia aterosclerotica rappresenta la causa principale di morbilità e mortalità in campo cardiovascolare. Inizialmente, negli anni 50-60, si attribuì all'aumento dei grassi nel sangue, ed in particolare del colesterolo, un ruolo fondamentale nella patogenesi della aterosclerosi. Pur senza negare questo fatto, che rimane un caposaldo della prevenzione in cardiologia, negli ultimi anni hanno assunto sempre più importanza anche altri fattori patogenetici come ad esempio l'attività secretoria endoteliale, i meccanismi ossidativi, l'infiammazione.


L'endotelio
Il rivestimento endoteliale è fondamentale per il mantenimento dell'omeostasi circolatoria.
Esso esercita funzioni di controllo sul tono vasale producendo fattori di rilasciamento (monossido di azoto e prostaciclina) e fattori di contrazione (trombossano, prostaglandine H2, endotelina); inoltre è in grado di limitare l'aggregazione piastrinica e l'adesione dei leucociti e dei macrofagi (mediante l'azione del NO), ma nel contempo, se opportunamente stimolato da prodotti dell'infiammazione o se sottoposto a stress ossidativo, può produrre diversi tipi di molecole che favoriscono l'adesione endoteliale delle cellule infiammatorie.
Il ruolo dello stress ossidativo e l'integrità del sistema vasorilassante e antiaggregante costituito dal monossido di azoto appaiono fondamentali per la prevenzione della malattia aterosclerotica.

Aterosclerosi e stress ossidativo
Il meccanismo della formazione delle placche aterosclerotiche prevede che, dopo aver aderito all'endotelio, i monociti penetrino nella tunica intima dei vasi e accumulino lipidi (gli esteri del colesterolo veicolati dalle LDL) trasformandosi in cellule schiumose; le piastrine aderiscono e liberano dei fattori di crescita che determinano iperplasia e ipertrofia delle cellule della muscolatura liscia vasale le quali, a loro volta, producono collagene che stabilizza così la placca fibrosa. 
Oltre ad ostruire il lume del vaso, nelle fasi successive le placche possono in un qualsiasi momento fissurarsi e formare un trombo che può ostruire acutamente un distretto vascolare (IMA o Ictus).
Sia il momento dell'adesione cellulare all'endotelio che quello successivo dell'accumulo di lipidi da parte dei macrofagi sono fortemente influenzati (per quanto non esclusivamente determinati) dalla presenza di uno stress ossidativo: infatti le LDL ossidate sono un potente stimolo alla produzione di molecole di adesione da parte dell'endotelio e solamente le LDL modificate dall'evento ossidativo sono in grado di essere catturate dai macrofagi e di determinare l'accumulo lipidico nella lesione aterosclerotica iniziale.
Pertanto è lecito attendersi che la somministrazione di antiossidanti migliori la storia clinica di pazienti con malattia aterosclerotica. 
La letteratura medica non ha ancora fornito dati univoci al riguardo anche se gli studi più rigorosi (ad esempio quelli in cui è stata valutata la biodisponibilità dell'antiossidante somministrato) hanno fornito risultati incoraggianti: tra tutti citiamo lo studio CHAOS (Lancet 1996) in cui soggetti con cardiopatia ischemica documentata sono stati trattati con vitamina E ed hanno presentato una riduzione significativa degli eventi cardiovascolari rispetto ai controlli.

Ruolo della fitoterapia
Un primo approccio possibile è indubitabilmente legato ad un aspetto dietetico: è possibile modificare qualitativamente la propria dieta in modo da garantire l'apporto di tutta una serie di composti il cui valore nutrizionale può anche essere relativo, ma che sono in grado di esercitare tutta una serie di azioni farmacologiche capaci di rallentare il progredire della malattia aterosclerotica (dieta mediterranea).
E' ragionevole pensare anche che la somministrazione mirata di alcuni fitoterapici possa, in virtù delle note proprietà farmacologiche, esercitare una azione specifica antiaterosclerotica. Il campo è certamente ancora da esplorare, ma possiamo già esprimere alcune certezze su almeno due piante: Aglio e Ginkgo biloba.

Approccio dietetico
Fin dagli anni 70-80, grazie a studi come il Framingham e il Seven Countries, è nota l'importanza di una dieta a basso contenuto di grassi nella prevenzione PRIMARIA delle cardiopatie.
Solo recentemente però disponiamo di evidenze scientifiche (1992:Studio Indiano; 1999. Studio di Lione; 1999: Studio GISSI prevenzione) riguardanti la prevenzione SECONDARIA, cioè dopo che già si era verificato un evento morboso cardiovascolare. Questi studi inoltre focalizzano il ruolo di altri fattori, oltre all' abbassamento dei lipidi nel sangue, nel ridurre il rischio cardiaco. Questi fattori sono essenzialmente: antiossidanti naturali, grassi polinsaturi e vitamina E, tutti componenti importanti della dieta cosiddetta Mediterranea.

Polifenoli
Tra gli anti ossidanti naturali spiccano i polifenoli e tra questi i flavonoidi e le catechine .
Tra le varie proprietà biologiche di questi composti, in campo cardiovascolare sono importanti:

  1. La capacità di formare complessi con ioni metallici: il ferro ed il rame sono cofattori importanti di alcuni passaggi chiave nelle reazioni radicaliche. Sottraendo questi metalli si riducono queste reazioni.
  2. La capacità di "delocalizzare" l'elettrone spaiato, interrompendo la catena ossidativa.
  3. La protezione dell'alfa tocoferolo dall'ossidazione .
  4. La capacità di inibire la ciclo e la lipossigenasi 

Tutto ciò si traduce in una inibizione della ossidazione delle lipoproteine ed in una azione antinfiammatoria ed antiaggregante. L'azione di "spazzino" dei radicali liberi, e di O-2 in particolare, si traduce infine in un potenziamento dell'attività del sistema del monossido di azoto non più inibito da tali molecole.
Disponiamo di forti evidenze di tipo epidemiologico sul ruolo svolto dai flavonoidi nella prevenzione cardiovascolare, sia un po'" datate" (Zupthen Elderly Study 1993 e Cohort study finlandese 1996 ) che più recenti (Knekt P et al, 2000; Hirvonen T et al, 2001) le quali ben correlano un aumentato introito di flavonoidi con una regressione della patologia cardiovascolare.

Acidi grassi polinsaturi (PUFA)
Una terapia cronica (3,5 anni) con 1 grammo al giorno di PUFA n-3 in una popolazione di pazienti con recente infarto del miocardio (meno di tre mesi) riduce del 21% la mortalità totale, del 30% di quella cardiovascolare e del 40% la morte improvvisa (Studio GISSI-prevenzione, Lancet 1999).
La sintesi delle prostaglandine avviene soprattutto a partire dall'acido arachidonico (n-6 o omega6), ma anche l'omologo derivato dalla serie n-3, l'acido eicosapentaenoico (EPA), è in grado di subire l'azione di ciclo e lipossigenasi per generare una serie diversa di prostanoidi (la serie 3) con proprietà meno molto meno proinfiammatorie e più vasodilatanti e antiaggreganti della omologa serie derivata dall'ac. Arachidonico: appare quindi giustificata l'azione antinfiammatoria ed antiaggregante degli ac.grassi n-3. Inoltre questi composti riducono la produzione di molecole di adesione da parte dell'endotelio, inibiscono la proliferazione cellulare, riducono la pressione arteriosa e abbassano il livello dei trigliceridi.Hanno inoltre un importante effetto antiaritmico legato a una stabilizzazione della membrana cellulare dei cardiomiociti.

La fonte più nota di PUFA n-3 è il pesce di acqua salata dei mari freddi. 
Tra le fonti vegetali sono ricchi di tali composti gli olii di semi in generale ed in particolare l'olio di LINO il quale contiene fino al 55% di acido alfa linolenico che è il precursore dell'acido eicosapentaenoico. Se consideriamo anche la discreta ricchezza in vitamina E (1 cucchiao raso di olio ne contiene 1,45 mg), possiamo pensare all'olio di semi di lino come a una valida alternativa dietetica (o forse meglio integrazione) al consumo di altri alimenti ricchi di n-3 come i pesci. In verità, dal punto di vista quantitativo, potremmo considerare che l'olio di semi di lino è costituito per metà da PUFA n-3, e quindi un cucchiaio raso (9 g) fornisce 4g almeno di n-3 (nel GISSI i risultati sono stati ottenuti con 1 g die): in realtà ci sono importanti differenze di tipo qualitativo in quanto i PUFA nel GISSI erano essenzialmente EPA e DHA (ac.docosaesaenico) mentre in LINO è presente essenzialmente AC. Alfalinolenico (precursore dei due precedenti.)

Aglio
In realtà un primo approccio di tipo "farmacologico" nella prevenzione e nel rallentamento della progressione della malattia aterosclerotica ci è offerto da Aglio.
L'aglio (Allium Sativum L.) appartiene alla famiglia delle Lilliacee e come droga si utilizza il bulbo. (che origina dalle foglie della parte inferiore dello stelo) il quale è composto da numerosi bulbilli ("spicchi"), e che, è bene ricordare, non è una radice, ma un germoglio sotterraneo.

Composizione
Il costituente più importante del bulbo di aglio fresco ed intatto è un amminoacido solforato inodoro, l'alliina, stabile e farmacologicamente .Per azione di un particolare enzima, l'alliinasi, presente in compartimenti cellulari diversi da quelli che contengono l'alliina, quest'ultima viene trasformata in allicina che possiede il particolare odore dell'aglio crudo ed è farmacologicamente attiva. Nell'organismo l'allicina è relativamente instabile e viene trasformata in una complessa serie di derivati solforati, anch'essi per la maggior parte farmacologicamente attivi (ajoeni, metilalliltrisolfuro, dialliltrisolfuro, vinilditiini ecc.). Il prodotto ultimo del metabolismo dell'allicina è l'allildisolfuro, farmacologicamente quasi inattivo e responsabile del caratteristico (e sgradevole) odore del respiro di chi abbia mangiato aglio crudo.

Attività biologiche
In campo cardiovascolare appaiono particolarmente importanti:

  1. l'attività antiaggregante piastrinica
  2. l'attività antinfiammatoria
  3. l'attività profibrinolitica
  4. l'attività ipolipemizzante (diminuzione della sintesi del colesterolo)
  5. l'attività antiossidante (soprattutto inibente l'ossidazione delle lipoproteine)
  6. l'attività di stimolo del monossido di azoto

Tutte queste proprietà farmacologiche hanno trovato conferma sperimentale in vari modelli in vivo ed in vitro e sono quasi totalmente riconducibili ai derivati dell'allicina.

Studi sull'uomo
L'attività ipolipemizzante di estratti di aglio è stata documentata da diversi studi clinici (anche se per la verità non mancano anche alcuni studi negativi). Citiamo tra tutti una metanalisi rigorosa che ha preso in considerazione solo studi controllati di (Stevinson et al, Ann Intern Med, 2000;133:420-429) in cui sono stati valutati 13 trials clinici selezionati per un totale di 796 pazienti.I risultati hanno evidenziato una riduzione media del colesterolo totale del 10%, mentre dalla sola dieta è atteso un miglioramento di circa 5,6% dopo 6 mesi e dalla terapia con statine la riduzione attesa è di 17-32%. Del resto già nel 1994 era stato autorevolmente affermato che:

"… ..il consumo di 1-1+½ spicchio di aglio al giorno abbassa il livello di colesterolo del 9%…." 
(JAMA, 1994 Jun 1, 271:21, 1660-1).

Uno studio esemplificativo di un intervento più "a valle", su una manifestazione di aterosclerosi già in atto, è quello di Koscielny (Atherosclerosis 1999 May;144;1:237-49) eseguito su 152 pazienti con evidenza di malattia aterosclerotica, trattati per 48 mesi con aglio: rispetto al placebo si è verificata una riduzione della crescita delle placche aterosclerotiche nella arterie carotidi e femorali dal 5% al 18%. In qualche caso si è potuto dimostrare anche una regressione della lesione.

Dosaggio e forme di somministrazione
La dose media giornaliera di aglio fresco classicamente raccomandata è di 4g (da 3 a 5).
Il contenuto medio di alliina in aglio fresco è di circa 10 mg/g (6-14), quindi la quantità totale media di alliina/die è di 40 mg: da tale quantità originano mediamente 20 mg di allicina secondo la Commissione E (14 mg secondo altri Autori).
Pochi prodotti hanno un titolo accettabile in alliina (o allicina) tale da garantire una adeguata compliance nei confronti dei dosaggi di cui sopra. Del resto probabilmente la quantità totale di alliina pro die comunemente raccomandata risulta sovrastimata.
Meglio far riferimento agli studi clinici, i più significativi dei quali hanno utilizzato 600-900 mg/die di un estratto titolato in alliina (1-1,4%) corrispondenti ad una quantità giornaliera di circa 2-3 g di aglio fresco (considerando deidratato l'estratto e pari al 65% il contenuto in acqua di aglio fresco).
La durata del trattamento, come si evince dagli studi clinici, deve essere di almeno 12 settimane.

Ginkgo
Le foglie di Ginkgo biloba forniscono una droga da cui si prepara un estratto che ha dimostrato di possedere attività farmacologiche molteplici: alcune di esse hanno un ruolo molto importante nella prevenzione e nel trattamento delle compplicanze della malattia aterosclerotica in vari distratti corporei.

Composizione
Le foglie contengono due tipi principali di costituenti: flavonoidi e terpeni.
Esse contengono una serie di derivati flavonici piuttosto comuni (catechine, proantocianidine e, in particolare, glicosidi del kempferolo e della quercetina) e presenti in gran quantità e alcuni rari biflavoni (biapigenine). Accanto a questi sono presenti particolarissimi derivati terpenici, i gingkolidi, dei diterpeni, ed il bilobalide, un sesquiterpene, tutti dotati di intense proprietà farmacologiche.

Attività biologiche

Appare probabile che, per azione della bilobalide, i mitocondri, consumando meno ossigeno, riescano a ritardare i danni conseguenti all'insulto ischemico (Janssens D et al. Biochem Pharmacol 1999 Jul 1;58(1):109-19 ).

Tutte queste azioni sono documentate da una vastissima letteratura scientifica di carattere sperimentale, anche recentissima. 
Interessanti sono alcuni lavori che hanno indagato i rapporti tra azione di Ginkgo e il monossido di azoto: certe osservazioni (Int J Microcirc Clin Exp 1997 Mar;17(2):61-66; Clin Exp Pharmacol Physiol 1997 Dec;24(12):958-959; Biochem Pharmacol 1997 Mar 21;53(6):897-903) sono suggestive per un azione "modulativa" di Ginkgo, che potrebbe inibire soltanto la produzione"patologica" di monossido di azoto.
Da ricordare infine un altro recente dato emerso sull'attività di Ginkgo biloba, e nella fattispecie, sui Ginkgolidi: la capacità di inibire l'aumento del numero dei recettori specifici per il colesterolo nei mitocondri delle ghiandole surrenali in risposta alla stimolazione con ACTH in seguito a stress Così facendo, le surrenali vengono a disporre di una minor quantità di colesterolo precursore degli ormoni steroidei e viene prodotta una quantità inferiore di corticosteroidi, la cui azione dannosa è nota in caso di stress eccessivo. (Endocrinology 1996 Dec;137(12):5707-5718 ; Endocrinology 1997 Dec;138(12):5415-542).

Studi sull'uomo
Per alcune patologie sostenute in tutto o in parte da una condizione aterosclerotica (demenza senile multimicroinfartuale, vasculopatia aterosclerotica degli arti inferiori) la dimostrazione clinica di efficacia di Ginkgo non è quasi più messa in dubbio e sono passati oramai più di 5 anni dal primo lavoro riconosciuto valido dalla comunità scientifica internazionale (LeBars, JAMA 1997) e da quella volta ne sono stati prodotti molti altri.
Sono invece più recenti alcuni lavori clinici che hanno studiato l'utilizzo di Ginkgo come cognitive enhancer, cioè come farmaco in grado di migliorare le funzioni cognitive sia in giovani sani sottoposti a stress acuto, che in persone più anziane fisiologicamente affette da declino delle medesime funzioni. Per quanto non ancora indiscutibilmente dimostrato, questo effetto di Ginkgo sembra essere molto promettente.

Dosaggio e forme di somministrazione
Di Ginkgo andrebbero assunti 2 g di droga come dose singola tre x al di oppure (molto meglio) delle preparazioni equivalenti che garantiscano un'assunzione giornaliera di

In pratica si utilizza l'estratto Egb761 (o simili) titolato al 24% in ginkgoflavoni: tre compresse al giorno da 40 mg di questo preparato sono il dosaggio più spesso utilizzato nei numerosi studi clinici. La durata del trattamento deve essere di almeno otto settimane. 
Ginkgo biloba non va somministrato in gravidanza e bisogna prestare attenzione alle possibili complicanze emorragiche.

Fitoestrogeni
Accenniamo infine al ruolo preventivo svolto dai fitoestrogeni contenuti in soia. E' nota l'azione di cardioprotezione svolta dagli estrogeni e oggi si ritiene che la spiegazione di questo fatto risieda in una azione di inibizione della attivazione endoteliale con conseguente riduzione delle molecole di adesione da parte di questi ormoni; si pensa inoltre che queste sostanze siano in grado anche di stimolare il sistema del monossido di azoto.E' stata postulata una azione analoga da parte degli isoflavoni contenuti in soia.
Studi su animali hanno dimostrato che soia, somministrata per 3 anni, è stata efficace nel rallentare il processo aterosclerotico nelle coronarie tanto quanto gli estrogeni coniugati, senza l'effetto indesiderato della stimolazione del tessuto mammario e uterino. 
Nei modelli sperimentali non si verifica soltanto il ben noto effetto protettivo legato alla riduzione delle liporoteine plasmatiche da parte di una dieta ricca di soia, ma sono presenti anche altri meccanismi.
In scimmie cui è stato somministrato isolato proteico di soia per sei mesi si è notata una inibizione della vasocostrizione coronarica dopo somministrazione di acetilcolina. 

Un importante meccanismo cardioprotettivo degli isoflavoni è legato alla riduzione dell'attività piastrinica, oltre che dalla dimostata azione antiossidante. 
Secondo la North American Menopause Society :

Ma i fitoestrogeni hanno anche un'altra importante attività biologica: ratti femmina mantentuti ad un regime dietetico ricco di soia sono significativamente più protetti dei controlli dal rischio di sviluppare un tumore alla mammella indotto da nitrosourea . L'effetto antiestrogenico degli isoflavoni di soia non spiega da solo questo dato. 
Infatti esiste molta evidenza sperimentale che dimostra da parte degli isoflavoni, e di genisteina in particolare, una azione di inibizione della crescita neoplastica in linee cellulari di molti tipi di tumori ormono-dipendenti, ma anche ormono indipendenti (mammella, prostata, colon, pelle): pertanto devono essere postulati anche dei meccanismi estrogeno indipendenti. 

Alcuni meccanismi possibili potrebbero essere:

Naturalmente non possiamo ancora postulare un utilizzo clinico di questi riscontri sperimentali, ma certamente le prospettive sono interessanti.

Neoplasie
Del resto quando affrontiamo l'argomento prevenzione delle neoplasie e fitoterapia, possiamo comunque contare solo su dati di tipo epidemiologico osservazionale, peraltro in taluni casi molto interessanti.
E' ancora il caso di Aglio, dove studi epidemiologici ne correlano il regolare consumo con una diminuzione delle neoplasie del tratto gastro- intestinale. Aglio inoltre aumenta il numero dei linfociti, accresce la fagocitosi, l'attività delle NK cells e la risposta anticorpale.
Nel caso di Te' Verde, l'azione antimutagena è probabilmente legata alle proprietà antiossidanti dei polifenoli, come dimostrato per l'epigallocatechina che sperimentalmente blocca la proliferazione delle cellule carcinomatose e riduce la crescita tumorale riducendo nel contempo anche la neoangiogenesi tumorale e inducendo apoptosi. Per questa droga esistono anche delle osservazioni sull'uomo riguardanti effetti positivi nei confronti del cancro gastrico (10 tazze al giorno) , del carcinoma del pancreas e del colon e nei confronti delle recidive del carcinoma mammario.

Vischio
In Vischio sono presenti almeno 3 composti che possono essere ritenuti responsabili della azione antitumorale dimostrata in VITRO: alcaloidi, viscotossine (piccole proteine con attività Natural Killer) e lectine, composti che contengono sia proteine che zuccheri e che sono in grado di legarsi alla superficie delle cellule determinando cambiamenti biochimici complessi fino al blocco della sintesi proteica.
Vischio (soprattutto le lectine) è in grado di stimolare la risposta immunitaria, ha effetti tossici diretti sulla cellula tumorale e inoltre ha una azione di stabilizzazione del DNA in cellule (soprattutto leucociti) sottoposti a chemioterapia.
L'attività antitumorale di Vischio è stata dimostrata in numerosi modelli animali su cui si è verificata una inibizione della crescita cellulare di diversi tipi di tumore. Nei Topi,ad esempio, vischio si è dimostrato attivo in varia misura in linfomi,leucemie, carcinomi mammari, epatocarcinomi, melanom e carcinomi del colon. Purtroppo nell'uomo non si riusciamo a confermare i risultati ottenuti sugli animali anche se , soprattutto per quanto riguarda il carcinoma della mammella, qualche dato positivo in letteratura esiste. 

Aloe
Anche per quanto riguarda Aloe, oltre ad una attività antinfiammatoria, antiossidante, ed immunostimolante, disponiamo di dati sperimantali che depongono per una certa attività antineoplastica ed infatti i polisaccaridi di Aloe vera hanno attività antigenotossica e antitumorale in modelli in vitro e la stessa Aloe si è dimostrata agente antitumorale efficace in un tipo di tumore pleurico del ratto. Anche in questo caso non disponiamo di dati sull'uomo. 

Astragalo
Anche nel caso di Astragalo, droga che ci deriva dalla Medicina Tradizionale Cinese, esiste una dimostrazione in laboratorio di una discreta attività antiproliferativa su varie linee cellulari tumorali, e in almeno 2 studi controllati sull'uomo (carcinoma della cervice e della mammella) si è notato un aumento della sopravvivenza dopo trattamento con Astragalo.
Astragalo comunque si è rivelato come buon stimolatore delle difese immunitarie soprattutto in campo respiratorio: a fronte di precise dimostrazioni in campo sperimentale, esiste anche una numerosissima casistica in campo umano che purtroppo è viziata dal fatto di essere basata per lo più su studi non controllati.
Astragalo è reperibile sia sotto la classica forma liquida di provenienza orientale e di composizione sconosciuta, che comunque dovrebbe essere quella utilizzata in Cina: sono flaconi da 10 ml di cui si consiglia una posologia di 1 flacone al giorno, mattina e sera. Esiste anche un estratto titolato al 35% in polisaccaridi di cui si dovrebbero assumere 600-800 mg al giorno. 

Infezioni
In realtà per la prevenzione degli episodi infettivi delle prime vie respiratorie disponiamo di una droga molto meglio delineata dal punto di vista farmacologico e clinico: Echinacea.

Echinacea
In Fitoterapia vengono utilizzate tre specie diverse di Echinacea:

  1. Echinacea pallida
  2. Echinacea purpurea
  3. Echinacea angustifolia

Le droghe possibili sono:

Numerose evidenze sperimentali testimoniano l'attività immunostimolante di Echinacea, soprattutto per quanto riguarda l'immunità cellulo mediata.
Gli studi clinici sulle preparazioni di Echinacea sono stati essenzialmente condotti con succo di pianta intera, tintura alcoolica, estratto idroalcoolico: nel 2001 è stata condotta una metanalisi (Melchart D et al, The Cochrane Library, Issue 4, 2001) che conferma le prove di efficacia da parte di Echinacea sia nel trattamento che nella profilassi delle infezioni delle prime vie aeree nell'uomo.

Secondo molti esperti la migliore formulazione è il succo ottenuto dalla spremitura delle parti aeree di di E. purpurea. Possibili preparazioni e dosaggi di Echinacea sono i seguenti:

Mirtillo americano
E' ampiamente dimostrato che il succo del mirtillo americano (Vaccinium macrocarpon) è in grado di prevenire significativamente le recidive delle infezioni delle vie urinarie inferiori (UTI). Attualmente il meccanismo più importante è considerato quello legato all'inibizione della attività delle fimbrie (ciglia) dei germi patogeni urinari che ne sono dotati (come ad esempio Escherichia Coli). Viene così contrastata la capacità che i germi hanno di aderire alla parete dell'urotelio fatto che rappresenta il primo passo verso l'insorgenza di vera e propria malattia. 

Oggi si ritiene che i principi attivi debbano essere ricercati tra i polifenoli (procianidine) contenuti nelle bacche. Il dosaggio relativo alla droga e alle sue preparazioni è il seguente:

L'utilizzo dei nuovi estratti di Cranberry titolati ed arricchiti in polifenoli (procianidine) sembrano essere il migliore trattamento a disposizione: viene a mancare quel tanto di carico idrico presente nell'assunzione del succo, ma in compenso la formulazione è più affidabile, comoda e più facilmente reperibile.