L'ischemia critica degli arti inferiori 
nella quarta età



Autori: Savioli A., Pirondi F., Liera G.L., Tinterri C. 
Lucchini A., Maestri E., Mariani L., Franzini M.

Ospedale Comprensoriale di Guastalla (Reggio Emilia)
Divisione di Chirurgia Generale

SOMMARIO

L'osservazione di arteriopatie obliteranti croniche degli arti inferiori con quadri di "ischemia critica" e' divenuta sempre piu' frequente con l'aumentare della longevita'.
Il salvataggio degli arti richiede sovente interventi di chirurgia ricostruttiva anche complessi.
Il presente lavoro riporta i risultati ottenuti in 59 pazienti ultraottantenni, sottoposti ad interventi di rivascolarizzazione diretta sia in elezione che in emergenza.
La mortalita' perioperatoria e' stata nulla e il trattamento ha avuto successo nel 69% dei casi.

INTRODUZIONE

Il termine di "ischemia critica" si riferisce ad una situazione clinica di pericolo vascolare per ischemia spontanea agli arti, con esclusione di quelle provocate da traumatismi o da evoluzione di un tumore.
Le ischemie critiche si possono distinguere in tre gruppi a seconda che su una situazione di sofferenza tissutale permanente si associ una sintomatologia dolorosa (stadio IIIƑ, che ad una lisi tissutale si associ una gangrega distale (stadio IV), infine che si instauri una condizione di privazione totale e brutale di apporto ematico ( ischemia acuta) (1,2,10).
La chirurgia vascolare non demolitiva di queste lesioni ha una storia relativamente recente, infatti si deve a Kunlin nel 1949 il primo pontaggio femoro-distale descritto in letteratura (8). Cio' nonostante da allora sono stati fatti notevoli miglioramenti, anche se i risultati terapeutici nelle ischemie severe degli arti inferiori restano sicuramente meno significativi rispetto ad altri interventi per patologie vascolari (3,4,5).
La ragione principale di questi insuccessi e', a nostro avviso, da ricercare negli stessi aspetti ezio-patogenetici della malattia; quando l'ateromatosi e' responsabile di una ischemia critica spesso e' diffusa e poli-distrettuale: una periferia vascolare con poca recettivita' lascia poche chances al mantenimento della pervieta' di un pontaggio (6,7,9,).
Inutile aggiungere che nei pazienti da noi osservati in questa esperienza, in eta' ultra avanzata, era la regola.
Inoltre bisogna tener presente che questi pazienti spesso presentano patologie multi-viscerali da non sottovalutare nel porre l'indicazione chirurgica e l'approccio anestesiologico da effettuarsi.
Non e' casuale che la buona riuscita da un punto di vista tecnico e emodinamico dell'intervento di rivascolarizzazione venga inficiata da un'insufficienza cardio-circolatoria o respiratoria ingravescente (10).

MATERIALI E METODI

Abbiamo raccolto l'esperienza maturata negli ultimi 5 anni (dal 1987 ad oggi) presso la Divisione di Chirurgia dell'Ospedale di Guastalla nel trattamento di "ischemie cririche" degli arti inferiori in pazienti di eta' ultra-avanzata.
In questo periodo sono stati sottoposti ad intervento chirurgico 59 pazienti, 41 uomini e 18 donne, al di sopra degli 80 anni.
Tutti erano portatori di un quadro di grave ischemia ad un arto, suddivisi nel modo seguente (Tab.1) :

Casistica Clinica (59 pazienti: 41 maschi, 18 femmine)
III Stadio IV Stadio Acuti
16 (27%) 31 (53%) 12 (20%)

Tab.1

In 5 casi abbiamo eseguito una demolizione maggiore in prima istanza. Ad indurci a questo approccio e' stato il quadro di gangrena avanzata ( necrosi cutanea muscolare dell'arto con rigidita' totale in due casi), o un'alterazione sensitivo-motoria dell'arto da oltre 48 ore (1 caso ), oppure condizioni cliniche generali del paziente estremamante compromesse (grave insufficienza renale e cardiaca in due casi) (Tab.2 e Tab.3).

Cause di ischemia
   AOC EMBOLIA ANEURISMA TROMBOSI
PROT.
TOTALE PZ. 44 9 3 3
III STADIO 10 4 1 1
IV STADIO 30 1 / /
ACUTI 4 4 2 2

Tab.2

I restanti pazienti sono stati sottoposti ad intervento chirurgico dopo un accurato studio emodinamico e nella maggior parte angiofrafico, in alcuni dopo aver constatato il fallimento di un approccio medico anticoagulante.

Trattamento Chirurgico
STADIO III IV ACUTI
BY PASS AORTO-FEMORALE UNILATERALE 1 3 1
BY PASS AORTO-FEMORALE BILATERALE 2 / /
BY PASS AXILLO-FEMORALE UNILATERALE 2 1 /
BY PASS AXILLO-FEMORALE BILATERALE / / /
CROSS OVER SOPRAPUBICO 2 4 /
BY PASS FEMORO-POPLITEO O-TIBIALE IN SAFENA 1 4 2
BY PASS FEMORO-POPLITEO O-TIBIALE IN PTFE 4 3 /
GANGLIECTOMIA LOMBARE 7 11 2
TROMBOENDOARTERIECTOMIA 3 7 1
EMBOLECTOMIA CON FOGARTY / / 7
AMPUTAZIONE D'EMBLEE / 5 /
ESPLORAZIONE CHIRURGICA / 2 /

Tab.3

In 15 casi lo studio clinico-strumentale documentava una localizzazione pluri-segmentaria della malattia con interessamento anche dell'asse iliaco.
Quando non esistevano controindicazioni anestesiologiche abbiamo confezionato un bypass aorto-femorale, bilaterale in 2 casi e monolaterale per via extra-peritoneale in 4 casi con appoggio distale sempre sull'arteria femorale profonda e senza mai associare un bypass distale ma eseguendo in 4 casi una gangliectomia lombare.
In pazienti compromessi ad elevato rischio anestesiologico abbiamo eseguito in anestesia locale 3 bypass axillo-femorali in PTFE, ma quando possibile in questo tipo di pazienti preferiamo la soluzione del cross-over soprapubico che abbiamo eseguito sempre in PTFE in 6 casi, in anestesia locale in 3 pazienti e nei restanti in anestesia spinale.
Abbiamo confezionato 12 pontaggi distali; 7 in PTFE e 5 in safena invertita utilizzando di preferenza la protesi negli appoggi poplitei soprarticolari e la safena negli appoggi distali.
Due pazienti avevano presentato un'ischemia da trombosi di aneurisma popliteo ed un paziente da embolia da grosso aneurisma di arteria femorale comune. Nei primi due casi sono stati eseguiti l'aneurismectomia ed un innesto in safena invertita. Nel terzo caso fu praticata una disostruzione con catetere di Fogarty dalla arteria poplitea.
In 11 casi di grave quadro lesionale femoro-popliteo-distale abbiamo eseguito interventi di "salvataggio" consistenti in: TEA dell'arteria femorale superficiale con patch in vena safena autologa (6 casi) e profundoplastica con patch safenico di allargamento (4 casi). In questi ultimi abbiamo sempre associato una gangliectomia lombare.
In un caso di trombosi di bypass femoro-popliteo in PTFE abbiamo eseguito una disostruzione con Fogarty, ma successivamente la protesi e' andata incontro ad una retrombosi e ad una infezione che ci ha costretti a demolire il bypass che presentava gia' un appoggio popliteo sotto- articolare ed a confezionare una profundoplastica.
In tutti i pazienti sottoposti a rivascolarizzazione periferica abbiamo applicato nell'immediato postoperatorio una terapia anticoagulante eparinica sostituita alla dimissione con cumarolici.

RISULTATI

Non abbiamo mai avuto decessi peroperatori o nell'immediato postoperatorio. Alcuni pazienti hanno presentato problemi cardiorespiratori risoltisi senza necessita' di trasferimento in reparti di rianimazione.
In un follow-up a distanza di 3 mesi eseguito su 54 pazienti abbiamo ottenuto un risultato soddisfacente in 41 casi. La regressione dei dolori a riposo e la possibilita' di completare gli interventi con demolizioni parziali vengono considerati parametri clinici di valutazione positiva. In alcuni casi si sono presentate complicanze a breve distanza di tempo che hanno reso necessari reinterventi chirurgici.
Due bypass in PTFE sono andati incontro in trombosi dopo alcune settimane. In un caso si e' verificata anche una complicanza settica. In entrambi i casi e' stat eseguita una gangliectomia con profundoplastica e nel paziente con infezione protesica la demolizione del bypass.
Attualmente entrambi non lamentano dolori a riposo.
Ad un paziente sottoposto a cross-over soprapubico si e' verificata una trombosi sottoanastomotica in VII giornata con ricomparsa dei dolori a riposo.
Il quadro si e' risolto con una disostruzione chirurgica con catetere di Fogarty.
Nei casi in cui abbiamo confezionato un bypass aorto-femorale abbiamo sempre ottenuto dei buoni risultati, senza aver mai dovuto associare in un secondo tempo un bypass distale.
In 5 casi su 6 di TEA femoro-poplitea abbiamo ottenuto un risultato soddisfacente. L'indicazione era stata posta per l'impossibilita' di associare un bypass distale. L'arteriografia veniva eseguita sempre interponendo un patch in vena safena.
In 3 casi abbiamo eseguito delle semplici rivascolarizzazioni indirette che non hanno mai prodotto una significativa modificazione della sintomatologia.

CONCLUSIONI

L'approccio clinico al paziente arteriopatico in eta' ultra-avanzata e' complesso perche' deve tener conto di una patologia che assume elementi anatomo-lesionali tali da renderne molto difficile il trattamento medico e chirurgico (localizzazione distale, dismetabolismo lipidico e glicemico associato).
Non si deve dimenticare inoltre la necessita' di una valutazione globale che sveli eventuali patologie d'organo che rendono secondario il problema dell'arteriopatia.
L'arteriografia assume un posto di assoluto rilievo nel piano diagnostico.
Nella nostra esperienza essa e' stata tralasciata soltanto nei casi di ischemia acuta (improvvisa comparsa dei sintomi con paralisi sensitivo -motoria in presenza di patologia emboligena). o in rari casi di importante insufficienza renale.
Nei casi in cui la patologia ateromasica presenta anche una localizazione prossimale preferiamo, quando le condizioni generali del paziente lo permettono, eseguire una rivascolarizzazione in anestesia generale per via addominale trans- o extra-peritoneale.
Quando non e' possibile un intervento chirurgico in narcosi, nei casi in cui l'arto controlaterale presenti una buona perfusione, ci orientiamo come prima scelta sul cross-over sovrapubico femoro-femorale in PTFE. Nei controlli a distanza ci ha dimostrato una affidabilita' migliore rispetto al bypass axillo-femorale.
Nei pontaggi sottoinguinali abbiamo abbandonato ultimamente l'uso del PTFE per la comparsa di complicanze a breve distanza di tempo.
Alcuni casi di trombosi protesica ed una complicanza infettiva ci hanno indotto a preferire l'uso della safena, che noi utilizziamo invertita, anche nei pontaggi soprarticolari della poplitea.
Riportiamo un'esperienza positiva su alcuni casi di TEA chirurgiche dell'asse femoro-popliteo in pazienti con lesioni ostruttive plurisegmentarie distali. L'intervento, in particolar modo in alcuni pazienti al III stadio, ha permesso di ottenere un compenso perfusionale accettabile in arti che dal punto di vista anatomo-lesionale erano inaccessibili al confezionamento di pontaggi distali.
I risultati soddisfacenti ottenuti nel 69% dei casi ci confortano ed in modo particolare riteniamo debbano esortare allo studio accurato ed alla valutazione chirurgica di una patologia come quella ischemica che troppo spesso, nell'eta' avanzata, viene ritenuta oggetto di trattamento demolitivo.


BIBLIOGRAFIA
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  9. Jarret F., et al.: In situ vein bypasses to distal tibial and limited outflow tracts for limb salvage. Surgery. 96:756,1984.
  10. Melliere d., et al.: Sauvatage des membres inferieurs. Le sauvatage des membres en ischemie critique. Momographies de l'association francaise de chirurgie 1989.