Nutrizione ed integrazione alimentare nello sportivo

Dr. Andrea Poli Lezione del 16/10/2000


 

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Parlare di nutrizione del soggetto che svolge attività sportiva vuol dire considerare un mondo estremamente eterogeneo, nel quale si trovano persone che fanno attività di carattere agonistico e altre di carattere amatoriale, con un dispendio metabolico e un fabbisogno energetico quindi estremamente diversi.

Le sostanze che principalmente forniscono energia all'organismo sono i glucidi (zuccheri o carboidrati) e i lipidi. I glucidi forniscono 4 Kcal/g mentre i lipidi forniscono 9 Kcal/g; questa differenza di contributo energetico viene sfruttata secondo le necessità dell'attività sportiva svolta.

Gli zuccheri, peraltro, non sono tutti uguali tra di loro: essi differiscono per i tempi di assorbimento e per l'indice glicemico, e cioè l'area sotto la curva dell'aumento glicemico che il loro consumo induce. Un alimento con basso indice glicemico, sul piano generale, contiene zuccheri non immediatamente digeribili, e di conseguenza assorbibili limitatamente, mentre un alimento con alto indice glicemico contiene zuccheri immediatamente digeribili e quindi assorbibili rapidamente. Questa seconda situazione genera una risposta insulinica molto rapida, che può facilmente portare ad una condizione di ipoglicemia.

Dal punto di vista metabolico una crisi di ipoglicemia diventa un potente induttore della fame, perché interpretato da un recettore presente nel cervello (glucostato) come un segnale forte che all'organismo "manca qualcosa" (ed in particolare manca zucchero). Cercando di sopprimere lo stimolo della fame con ulteriori zuccheri ad alto indice glicemico si entra in un circolo vizioso, che può portare ad una condizione che frequentemente esita nell'obesità, nella resistenza insulinica, in sindromi dismetaboliche complesse quali soprattutto l'ipertensione, l'ipertrigliceridemia, i bassi valori del colesterolo HDL ecc.

L’uso di zuccheri da parte dell'atleta va valutato con attenzione, e deciso in base alla durata e al tipo di sport: per sforzi brevi si possono utilizzare zuccheri con alto indice glicemico, per sforzi più prolungati o molto prolungati gli zuccheri devono essere complessi, ad es. i polisaccaridi o le maltodestrine, al fine di garantire un valore glicemico sufficiente e costante nel tempo e permettere al sistema muscolare di funzionare al meglio.

In condizioni di sforzo prolungato e di intensità non particolarmente marcata, il muscolo tende invece ad utilizzare in quantità maggiori i grassi rispetto agli zuccheri, anche per il loro maggiore apporto di energia. Pertanto tutti coloro che hanno la necessità di perdere peso mediante un aumento dell'attività fisica dovranno orientarsi verso uno sport di fondo, caratterizzato da movimenti relativamente lenti svolti per periodi prolungati di tempo, per indurre l'organismo ad attingere ai grassi di deposito. Dal punto di vista degli effetti biologici globali, tuttavia, i grassi, sebbene il loro apporto calorico sia di fatto analogo, non sono del tutto analoghi: è quindi opportuno consumare alimenti in cui siano presenti soprattutto acidi grassi monoinsaturi (come l'olio d'oliva) o polinsaturi, di cui sono ricchi gli oli di semi. Andrebbero invece limitati gli alimenti ricchi in acidi grassi saturi, e totalmente eliminati quelli contenenti gli acidi grassi saturati mediante procedure di tipo catalitico, come le margarine di più vecchia concezione. Gli acidi grassi polinsaturi contenuti negli oli da cui queste margarine vengono prodotte sono infatti trasformati, mediante un procedimento di idrogenazione catalitica con palladio, in acidi grassi con conformazione di tipo trans, scarsamente presenti in natura, e capaci di alzare il livello plasmatico del colesterolo LDL (il "colesterolo cattivo") riducendo invece il livello del colesterolo HDL (quello buono).

Passando ad esaminare un settore completamente differente, e cioè quello dei minerali, è opportuno considerare la situazione del ferro, spesso carente tra chi fa attività sportiva. Normalmente la sua eliminazione avviene con il sudore e con le feci (per esfoliazione delle cellule intestinali), ma il vero motivo di questo deficit nello sportivo non è noto.

Inizialmente è opportuno aumentare il consumo di cibi ricchi in ferro biodisponibile, o ferro eme, come le carni rosse, e successivamente proseguire con una terapia per via orale, associandola eventualmente a vitamina C, che ne migliora l'assorbimento. Se non si ottengono i risultati desiderati si può intervenire con una terapia di sali di ferro per via venosa, tenendo presente che essa può dare reazioni allergiche di tipo anafilattico, talora molto pericolose.

Passando a considerare più in generale il problema dell'uso degli integratori da parte dello sportivo va ricordato che, negli Stati, Uniti quasi la metà degli sportivi si autoprescrive questi prodotti, e che anche in Italia, ormai, la situazione non è molto diversa; spesso gli schemi quali- quantitativi sono inoltre molto approssimativi, e tali da porre problemi consistenti, sul piano teorico, dal punto di vista della tossicità.

Tra gli integratori più sicuri vi sono certamente quelli salini, che vanno semplicemente a sostituire i sali persi con la sudorazione. Un altro integratore molto interessante è la creatina, che può essere utilizzata sia da chi svolge attività sportiva sia dalle persone in età avanzata, grazie al ruolo che svolge sul metabolismo delle cellule muscolari dell'organismo. La creatina è stata paragonata ai fili che trasmettono energia dal mitocondrio, dove l'energia stessa viene "prodotta", al luogo dove viene utilizzata. All'interno del mitocondrio, partendo da grassi, zuccheri, proteine, viene prodotto ATP attraverso il ciclo di Krebs. Mediante l'enzima creatinchinasi mitocondriale, un gruppo fosforico altamente energetico viene trasferito dall'ATP prodotto alla creatina, trasformando quest'ultima in fosfocreatina, un composto stabile che può essere considerato un vero e proprio "serbatoio di energia". La fosfocreatina così formata può circolare abbastanza liberamente fino a quando non incontra una creatinchinasi in grado di compiere la reazione opposta e quindi cedere il radicale fosfato ad alta energia ad un altro accettore (generalmente ADP, che viene quindi ritrasformato in ATP).Si è visto che questa reazione avviene maggiormente nelle cellule muscolari vicino alle miofibrille e a livello delle membrane cellulari, che necessitano energia per mantenere l'importante equilibrio sodio-potassio trans-membrana. Recentemente la ricerca ha iniziato a studiare in maniera approfondita il possibile uso di integrazioni di creatina anche in persone con patologie come lo scompenso cardiaco, l'insufficienza respiratoria; in prospettiva la creatina potrà forse essere utile anche ai pazienti con il morbo di Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica, patologie che interessano cellule neuronali dove sicuramente vi è un ricco corredo enzimatico che utilizza questa sostanza.

Un altro gruppo di composti utilizzato, spesso in modo empirico, per aumentare la performance fisica, sono gli aminoacidi ramificati. Da recenti studi si è visto che questi aminoacidi forniscono acido piruvico, sostanza utilizzata dal ciclo di Krebs per produrre energia, stimolando inoltre la sintesi proteica (soprattutto la leucina). Essi riducono anche la percezione della fatica, competendo con trasportatori del triptofano verso l'encefalo, ed abbassano l'ammoniemia.

Limitato è invece l'interesse teorico della carnitina (tranne che nelle rare condizioni di deficit endogeno) poiché questa sostanza possiede essenzialmente solo la funzione di trasporto degli acidi grassi da una parte all'altra della parete del mitocondrio: una sua maggiore disponibilità, pertanto, influenza scarsamente le vie di produzione dell'energia.

Una gruppo di sostanze importanti nello sportivo sono gli antiossidanti, che intervengono nei meccanismi di neutralizzazione dei radicali liberi,.

Per controllare l'eccesso di queste sostanze ad elevatissima reattività, prodotte in elevate quantità durante l'attività fisica si possono utilizzare la vitamina E, la vitamina C o il ß-carotene, o meglio una delle tante miscele di antiossidanti che si trovano in commercio; il selenio, tra tutti gli antiossidanti, è quello con intervallo terapeutico più stretto, perciò è teoricamente più facile scivolare nel sovradosaggio.

La prospettiva più nuova per l'integrazione del soggetto con attività sportiva per il futuro potrebbe essere quella delle sostanze che influenzano l'attività dell'endotelio. Solo qualche anno fa l'endotelio stesso era considerato una struttura passiva di rivestimento interno delle arterie, con semplice funzione di separazione tra sangue e parete arteriosa. In realtà oggi si è visto che esso è un organo estremamente attivo che produce molte sostanze che controllano sia il tono vasale che la reattività del vaso. In particolare l'endotelio è responsabile della utilizzazione dell'arginina, un aminoacido naturale da cui, per azione dell'enzima nitrossido sintasi (NOS), viene staccato il nitrossido (o NO, dall'inglese "nitric oxyde"), un gas con volatilità elevata ed emivita breve. Il nitrossido è un intermedio essenziale sia per l'azione antiaggregante piastrinica sia per il controllo del tono vasale, poiché diffondendo attraverso la parete del vaso verso la componente muscolare, attiva meccanismi di rilassamento vasali. Un endotelio funzionante è l'ideale per massimizzare una corretta risposta del sistema vascolare alla domanda di ossigeno e di nutrimenti da parte del muscolo di chi fa attività sportiva.

Pertanto un primo integratore a cui pensare è l'arginina: vi sono dati sperimentali che dimostrano che somministrata a dosi che vanno da 2 a 10g è in grado di ripristinare la funzione endoteliale nel soggetto ipercolesterolemico, nel fumatore e nel diabetico. Un altro gruppo di integratori di notevole importanza per mantenere un endotelio funzionante è rappresentato dagli antiossidanti, che aumentano la durata della vita del nitrossido, che viene eliminato per via ossidativa, oltre a contrastare, come si ricordava, la produzione di radicali liberi durante l'attività sportiva.

Una sostanza con effetto negativo sulla funzione endoteliale, al contrario, è rappresentata dall'omocisteina, che deriva da un processo di demetilazione della metionina. L'inattivazione della omocisteina da parte dell'organismo può avvenire o per eliminazione urinaria, ad opera della cistationina ß sintasi (un enzima che necessita come cofattore della vitamina B6) o per riconversione a metionina, mediante rimetilazione, sfruttando l'azione dell'enzima MTHFR, che richiede come donatore di metili l'acido folico e come cofattore la vitamina B12. Una supplementazione con acido folico, ed eventualmente con vitamina B6 potrebbe pertanto essere importante sia per prevenire le malattie cardiovascolari ma anche per migliorare le prestazioni fisiche di chi fa attività sportiva.

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