I Virus dell'epatite

Relazione della serata informativa sui virus dell'epatite tenutasi lunedi 7 giugno 1999
Relatore


Le conoscenze nel campo dei virus dell'epatite sono state per lungo tempo limitate alla scoperta del virus A. Nel 1964 e' stato scoperto il virus B e solo qualche anno fa il virus dell'epatite C.
Oggi "l'alfabeto" delle epatiti arriva fino alla ""G", anche se probabilmente e' stato identificato, in tempi molto recenti, un nuovo virus, denominato TTV (o virus trasmesso con le trasfusioni).
Oltre ai virus tipici dell'epatite, anche altri virus possono pero' avere come bersaglio il fegato: e' il caso ad esempio dell'herpes virus, del virus di Epstein-Barr, del virus della mononucleosi infettiva, del Citomegalovirus e di molti altri. Tali virus, pur non avendo esclusivo tropismi per il fegato, possono determinare un'infiammazione del fegato cioe' un'epatite. Per altro molti virus dell'alfabeto epatico non coinvolgono esclusivamente il fegato. Da cio' ne deriva che in alcuni casi, anche dopo aver bonificato il fegato mediante una adeguata terapia con interferone, si potra' avere una recidiva epatica per la replicazione di virus altrove localizzati.
Una prima grossolana distinzione dei virus dell'epatite puo' essere fatta tra virus che sono a trasmissione enterica e quelli a trasmissione ematica. Al primo gruppo appartengono i virus A, E ed F; al secondo i virus B, C, delta e G.

I virus a trasmissione enterica sono quelli che vengono trasmessi per via oro-fecale, cioe' per contatto con acque contaminate da liquami.
Il virus A e' ultimamente ricomparso anche nelle citta' occidentali, dopo esserne stato assente per molti anni, in quanto e' cambiato l'equilibrio urbano-rurale.
Fino a prima degli anni sessanta, l'epatite A colpiva prevalentemente gli abitanti delle campagne, i quali erano maggiormente esposti al contagio per la precarieta' delle condizioni igienico-sanitarie. Oggi invece si riscontra un maggior numero di epatiti da virus A negli agglomerati urbani, a causa del contatto con soggetti, spesso vittime di immigrazione clandestina, che provengono da regioni dove l'epatite A e' endemica e tendono ad aggregarsi nelle periferie delle grandi citta'. L'epatite di tipo A e' spesso asintomatica ed anitterica. Il tempo di incubazione e' di circa 1 mese; il soggetto colpito elimina il virus da 2 settimane prima a 1 settimana dopo la comparsa dei sintomi, percio' puo' essere contagioso senza saperlo. Tale epatite, al contrario delle epatiti B e C, non cronicizza mai, anche se puo' talvolta presentare en andamento difasico e un decorso prolungato. Come tutte le epatiti virali, anche la A presenta una piccola percentuale di forme fulminanti con necrosi epatica estesa e, piu' raramente, morte.

I virus E ed F interessano soprattutto regioni in via di sviluppo in quanto il contatto avviene solo attraverso acque contaminate da liquami. Causano localmente delle epidemie che potrebbero essere veicolate anche nei nostri paesi. Talvolta la epatite E e' stata portata in Italia da tossicodipendenti infettati in occasione di viaggi in zone endemiche.

I virus a trasmissione ematologica, come gia' accennato, sono i virus delle epatiti B, C, D o Delta e G, che presentano un quadro clinico sicuramente piu' grave rispetto alle precedenti.

Il virus B e' in grado di creare dei mutanti molto resistenti alle comuni terapie. Ne esistono comunque almeno 2 tipi. Sul piano clinico, l'epatite B puo' determinare una modesta variazione delle transaminasi, per cui puo' passare inosservata ad uno screening di routine. Presenta un rischio di cronicizzazione del 20%, di cui una percentuale variabile (circa la meta') evolve a cirrosi. Il 3-4% dei soggetti cirrotici ogni anno sviluppa l'epatocarcinoma. Il periodo di incubazione e' molto lungo, da 15 a 180 giorni. Nella meta' dei casi il soggetto non sperimenta alcun sintomo.
Come detto, il contagio avviene per contatto con sangue infetto. Sono sufficienti piccole escoriazioni della pelle per favorire il contagio e talvolta si ha trasmissione anche attraverso lesioni cutanee eczematose. E' inoltre dimostrato che il contagio puo' avvenire anche attraverso la cosidetta "via parenterale apparente", in soggetti con lesioni della mucosa orale, faringea o esofagea. Un'altra via di trasmissione e' sicuramente quella sessuale, possibile in quanto il virus B (a differenza del virus C) produce un "aggancio" per i recettori dell'albumina umana.
L'epatite B e' frequente in eterosessuali che hanno rapporti con persone infette o partners multipli. Infine e' possibile per il virus B la trasmissione fetale e la trasmissione materno-neonatale.

Il virus C e' un virus a singola catena di RNA. Ne esistono sei principali genotipi che si differenziano per la rispondenza alla terapia con interferone. Il periodo di incubazione e' anche in questo caso molto lungo, da 15 a 150 giorni. L'epatite C guarisce in percentuale inferiore al 50%; almeno il 50% dei pazienti diventano cirrotici e di questi il 5% ogni anno manifestano epatocarcinoma.
La trasmissione avviene per via ematica, attraverso ferite ed escoriazioni della pelle. Il rischio di contagio per via sessuale e' modesto ma non assente e non vi e' trasmissione fetale, ne' frequentemente materno-neonatale, a meno che la madre non sia in condizioni di grave immunodepressione.
L'epatite di tipo C acuta e' nel 75% dei casi anitterica e asintomatica; presenta un'elevata percentuale di cronicita', mentre il decorso fulminante e' raro. Non esistono portatori sani di epatite C, anche se spesso non si evidenzia un aumento delle transaminasi epatiche. L'epatite C cronica conduce a cirrosi, epatocarcinoma e molto spesso a manifestazioni extra-epatiche, tra cui anche disordini del sistema immunitario.

Il virus D o delta e' un altro dei virus a trasmissione ematica. Si tratta di un virus che da solo non riesce a determinare un'infezione se non e' presente contemporaneamente il virus B o l'antigene "s" del virus B. E' pero' molto aggressivo e favorisce la rapida cronicizzazione dell'epatite e la trasformazione a cirrosi. In particolare, cio' che serve al virus D per espletare la sua azione e' solo una porzione del virus B, cioe' l'antigene S (o antigene Australia) che e' talvolta presente in chi e' stato infettato da virus B, anche se l'epatite B e' stata debellata. I portatori piu' frequenti di virus D sono i tossicodipendenti.

Il virus G, ancora a trasmissione ematica, accompagna le infezioni da virus B e C. Fino ad ora non c'e' prova che dia, da solo, infezioni croniche. Si definisce percio' un virus autolimitante.

Infine, l'ultimo scoperto e' il virus TTV, che deve il suo nome al fatto che viene trasmesso con le trasfusioni. Non si sa ancora se si tratta di una mutazione; si sa solo che non e' trasmesso facilmente per via sessuale.


DOMANDE E RISPOSTE:

  1. E' possibile vaccinarsi contro l'epatite?
    A tutt'oggi esistono solamente i vaccini contro i virus A e B; il primo prevede 2 somministrazioni (al tempo zero e dopo 6 mesi), il secondo 3 somministrazioni ( al tempo zero, 1 mese e 6 mesi).
  2. Come e' possibile distinguere, a livello clinico, un soggetto vaccinato contro virus B da un soggetto infettato dal virus?
    Gli anticorpi contro il virus prodotti dall'organismo umano sono diversi nei due casi. Il soggetto vaccinato sviluppa solo anticorpi anti-S, mentre chi ha avuto un contatto con il virus in toto mostra anticorpi anti-S, anti-C e, talvolta, anti-E.
  3. Quali mezzi semplici di sterilizzazione e' possibile utilizzare per gli oggetti che possono aver subito un contatto con il virus?
    Un sistema sempre valido e' quello della bollitura, anche se nel caso del virus B e' necessario che sia molto prolungata.
  4. Le zanzare possono essere veicolo di epatite?
    Non puo' essere escluso che gli insetti ematofili, quali appunto le zanzare, possono trasmettere l'epatite B.
  5. Se viene prescritta una terapia con interferone a giorni alterni ma, per qualche motivo, viene posticipata una somministrazione ci possono essere problemi?
    L'interferone e' un farmaco con una emivita molto bassa, per cui e' facile, gia' con la terapia a giorni alterni, lasciare delle finestre terapeutiche che possono determinare la comparsa di ceppi resistenti. Per questo motivo e' indispensabile raccomandare al paziente di non dimenticare o posticipare la somministrazione, attenendosi quindi scrupolosamente alla posologia che gli e' stata indicata. Proprio per evitare queste finestre terapeutiche attualmente si tende a partire con somministrazioni quotidiane per il primo mese di terapia.
  6. L'uso di alcol predispone al rischio di infezione?
    Sicuramente l'alcol determina steatosi, cioe' infiltrazione di grasso nelle cellule epatiche, che diventano in questo modo piu' facile bersaglio dei virus. Inoltre, l'alcol e' assolutamente da abolire durante la terapia.
  7. E' normale un innalzamento della temperatura corporea in seguito alla somministrazione con interferone?
    L'interferone provoca un quadro sintomatologico del tutto simile ad una sindrome influenzale. La febbre e il malessere che seguono la somministrazione possono essere contrastati consigliando al paziente di assumere paracetamolo o altri FANS.
  8. Quali consigli dare ai familiari di pazienti infettati da virus B o C?
    Innanzitutto e' bene non creare allarmismi e ricordare che il virus C assolutamente non si trasmette con baci e abbracci; per il virus B e' possibile la via di trasmissione paranterale apparente, ma solo se il soggetto ha gravi lesioni della mucosa orale (es. afte, ulcerazioni o in seguito ad interventi chirurgici odontoiatrici). E' invece importante raccomandare di tenere separati tutti gli oggetti che possono ferire o tagliare (es. forbici, rasoi, pettini, spazzole).
  9. Quali terapie sono oggi disponibili per il trattamento dell'epatite virale?
    L'epatite da HAV non necessita di specifica terapia. Per l'epatite B e C sono disponibili farmaci quali gli interferoni, la lamivudina, la ribavirina, l'amantadina. Il loro utilizzo e' specialistico.


Per l’Agifar Mantova
Dr.ssa Francesca Rezzaghi

Mantova, Agosto 1999